Fin da quando, ormai molti anni fa, sentii parlare per la prima volta di Warren Buffett ne rimasi profondamente affascinato. Il suo modo così elementare eppure efficace di concepire l’investimento azionario, ma soprattutto il suo stile di vita così sobrio me l’hanno subito reso simpatico. Pensa che nonostante sia fra gli uomini più ricchi al mondo gira da anni con la stessa automobile e vive da sempre in Nebraska invece che a Wall Street come tutti i suoi colleghi, inoltre ha devoluto in beneficenza alla fondazione Bill & Melinda Gates gran parte del suo patrimonio. Insomma un personaggio alquanto singolare.
Ma non è dell’uomo che voglio parlarti in questo articolo, bensì del suo ben noto metodo d’investimento.
Value Investing
Il primo ad aver teorizzato ed applicato in modo sistematico questo approccio all’investimento azionario è stato quello che Buffett stesso ha sempre definito il suo mentore: Benjamin Graham.
Graham è stato professore alla Business Columbia University negli anni ’30 e Buffett fu uno dei suoi migliori allievi. Egli sintetizzò i principi del value investing in un saggio che è divenuto forse più famoso del suo stesso autore: L’investitore intelligente, che puoi acquistare a questo link:[amazon_link asins=’0060555661′ template=’ProductCarousel’ store=’affiliateidmi-21′ marketplace=’IT’ link_id=’94fc7dcc-2f7e-11e8-b998-b5dc738b4ec1′].
Mr Market
In questo manuale dell’investitore intelligente Graham spiega quali sono i criteri che bisogna seguire nella selezione dei titoli ma soprattutto l’atteggiamento che un buon investitore deve tenere nei confronti dei mercati finanziari. Graham concepisce i mercati finanziari, che chiama Mr Market come se fossero un essere dotato di vita propria, come una fonte di potenziali guai ma anche di grosse opportunità di guadagno: bisogna solo sfruttarli a nostro vantaggio e non farsi influenzare dal loro comportamento.
Se hai un po’ di esperienza di investimento avrai di sicuro assistito ai saliscendi che i prezzi dei titoli o dei listini compiono senza alcuna motivazione. A volte basta un rumor, una dichiarazione di un consigliere d’amministrazione o qualsiasi altro evento di poca importanza a determinare rialzi o crolli a due cifre di un titolo o di un intero listino. Perchè tutto ciò avviene?
Questi movimenti così bruschi dei prezzi sono essenzialmente dovuti a quello che oggi si definisce il sentiment dei mercati, ovvero la somma delle intenzioni di investimento dei soggetti che partecipano alle negoziazioni, siano essi grandi banche, assicurazioni, SIM, gestori privati o semplicemente piccoli risparmiatori. Tutti insieme questi soggetti contribuiscono a determinare i movimenti dei prezzi con le transazioni che effettuano ma anche con gli ordini che piazzano.
Ti faccio un esempio a cui ho assistito personalmente. Una mattina di qualche anno fa nel cielo della città dove vivo si vide una lunga colonna di fumo levarsi nel cielo. Tutti ci chiedevamo cosa stesse andando a fuoco, finchè una mia vicina di casa seppe che ad essersi incendiato era uno degli stabilimenti di una grossa industria della zona.
Questa impresa è quotata in borsa da molti anni, così il mio primo pensiero fu di controllare l’andamento del titolo: nonostante la notizia non fosse ancora stata diffusa, già si vedevano i primi segnali di ribasso. Dopo qualche minuto le vendite avevano portato il titolo a perdere oltre il 3%, ma quando la notizia fu diramata sui principali network di informazione finanziaria si scatenò un vero panic selling.
Il risultato fu che quel giorno il titolo perse oltre il 7%, per poi risalire a fine giornata quando i danni provocati dall’incendio furono quantificati e risultarono non molto ingenti. Probabilmente la maggior parte di quelli che vendettero il titolo quel giorno non sapevano neanche il motivo del ribasso oppure lo appresero in seguito, in quel momento era però importante reagire con prontezza e vendere prima che fosse troppo tardi.
Il “disturbo bipolare” dei mercati
Questo genere di comportamento è estremamente frequente nei mercati finaziari, i quali sono dominati da una forte emotività che condiziona pesantemente il movimento al rialzo o al ribasso dei prezzi dei titoli. Ecco perchè Graham chiamava le borse con il nome di MR Market: quando le borse si muovono lo fanno spesso all’unisono come se fossero un unico soggetto, amplificando enormemente i movimenti fisiologici dei prezzi dei titoli che raggiungono livelli molto lontani da quelli che la ragione suggerirebbe.
In certi casi lo stesso meccanismo determina il crollo dei listini di tutto il mondo, come è capitato in più occasioni negli ultimi anni e nell’intera storia dei mercati finanziari. In queste apocalittiche giornate per chi detiene investimenti non c’è via di scampo, se non si riesce a disinvestire in tempo il valore dei propri investimenti può finire decimato e recuperare il capitale iniziale può diventare praticamente impossibile.
Come Mr Market può essere affetto da depressione, altrettanto frequentemente però soffre di euforia. Quando lo fa, puoi investire in qualsiasi titolo o mercato e guadagnerai sicuramente. Il semplice movimento al rialzo dei prezzi si autoalimenta, almeno fino alla successiva fase di depressione.
Fregare Mr Market
Come ho già detto questo comportamento ciclotimico può essere fonte di grossi danni per un investitore ma può anche diventare un’opportunità di guadagno: tutto dipende da noi.
Mettiamo che tu decida di investire i tuoi risparmi in una nuova attività economica, diciamo un ristorante. Per prima cosa prendi appuntamento con il proprietario per visitare i locali, probabilmente ci andrai anche a mangiare una sera per giudicarne la cucina. Poi ti farai consegnare i documenti contabili degli ultimi anni e verificherai se la gestione abbia prodotto redditi e in quale misura, se il proprietario è in regola con gli adempimenti fiscali, e se ci sono e a quanto ammontano i debiti etc. Alla fine di tutte queste verifiche ti farai un’idea del valore di quel ristorante e del prezzo che saresti disposto a pagare, diciamo € 150.000.
Supponiamo ora che il proprietario ti comunichi che il prezzo del ristorante è di € 200.000, sicuramente non saresti disposto ad acquistarlo. Il giorno dopo però ti comunica che il prezzo del ristorante è salito a € 500.000, a questo punto rifiuteresti ancora l’affare pensando pure che il proprietario sia un po’ svitato a chiedere così tanto. Il giorno dopo invece ti chiede € 300.000 e quello dopo ancora € 150.000, a questo punto sono sicuro che inizieresti a pensare: “è proprio matto, però se aspetto ancora potrei acquistarlo per molto meno del suo valore reale”. Qualche giorno dopo riesci a comprarlo per € 30.000 e penserai che hai chiuso il migliore affare della tua vita.
Se questa storia ti sembra fantascienza, sappi che è una situazione molto frequente in borsa. La stessa azienda, con gli stessi stabilimenti, gli stessi macchinari e gli stessi operai un giorno costa 100 e il sei mesi dopo 50, ma il suo vero valore è rimasto lo stesso e resterà lo stesso anche domani, fra un mese e magari anche fra cinque anni. Quindi un comportamento da investitore intelligente è quello di acquistare quando il prezzo del titolo è sceso molto rispetto al suo valore e vendere quando è salito troppo.
In borsa invece il comportamento medio degli investitori è quello contrario: più il prezzo di un titolo aumenta, più numerosi saranno gli investitori disposti a comprarlo, più il suo prezzo crolla, tanto più saranno quelli disposti a regalartelo.
Detta così in effetti sembra facile guadagnare in borsa: punto un titolo che mi sembra interessante, faccio una stima del suo valore reale, lo confronto con il prezzo di mercato e se questo è inferiore lo compro a mani basse, altrimenti aspetto che il suo prezzo scenderà fino a che sarà economico abbastanza da acquistarlo. Dopo non mi resta da fare altro che aspettare che il mercato si accorga del suo reale valore e farà salire il suo prezzo, a quel punto io venderò e intascherò una sicura plusvalenza.
L’investitre intelligente ha i nervi d’acciaio
Questa è la teoria, e funziona benissimo! Il problema è che per mettere in pratica questo metodo servono due capacità fondamentali:
- Saper valutare correttamente il valore di un titolo;
- Saper aspettare;
Sul primo punto non è necessario essere troppo fiscali: la valutazione deve essere approssimativa, non precisa. Ed esistono metodi che più sotto ti spiegherò per calcolare una buona approssimazione del valore di una società.
Quanto al secondo punto, quello fa veramente la differenza. Un investitore intelligente deve anche avere molto sangue freddo e saper attendere il momento giusto per acquistare ma ancora di più il momento giusto per vendere. E questo non è per niente facile, soprattutto quando appena comprato il titolo inizia ad esempio a perdere il 10% e la discesa non accenna ad arrestarsi.
Riuscire a rimanere sulle proprie posizioni d’investimento quando tutto il resto del mondo va nella direzione opposta ti assicuro che è molto difficile e serve una grande indipendenza intellettuale, qualità di cui non difetta certamente Warren Buffett. Egli ha fatto di questo stile di investimento un’arte, collezionando un successo dietro l’altro e vantando sempre una sicurezza invidiabile nelle sue scelte d’investimento.
Investire per tutta la vita
Buffett inoltre utilizza un criterio di investimento alquanto inusuale: quando acquista quote di una società, lo fa con la prospettiva di detenere la partecipazione per molti anni, in alcuni casi per tutta la vita. In effetti la sua logica non fa una piega: se dopo un’analisi approfondita di una società, del suo management, delle sue prospettive decidi infine di acquisirne la proprietà, solo un cambiamento radicale di queste premesse può indurti a vendere la tua quota, altrimenti non si vede il motivo per farlo.
Egli ha detenuto partecipazioni anche se la loro vendita gli avrebbe garantito profitti enormi, semplicemente perchè non è interessato a vendere quando il titolo guadagna, ma solo quando cambiano le premesse di fondo che gli hanno fatto decidere di acquistare. La redditività e la solidità del business sono le uniche cose che gli interessano, solo se non ci sono più decide di vendere.
Per tornare all’esempio del ristorante, se questo va benissimo e ti assicura grossi guadagni lo venderesti al primo che si presenta con una valigetta piena di soldi? Buffett non lo farebbe.
La semplicità
Durante il boom dei titoli tecnologici avvenuto verso la fine degli anni ’90 tutti correvano a comprare azioni che avessero a che fare anche solo lontanamente con internet, convinti da non si sa quale teoria che i prezzi quelle società potessero crescere all’infinito e rendere ricchi chi vi avesse investito. E per qualche anno fu davvero così.
Warren Buffett rimase sempre lontano dai titoli tecnologici adducendo la motivazione che non capiva quel tipo di business. In realtà lo aveva capito benissimo, in particolare aveva capito che in quel settore non esisteva nessun tipo di business, semplicemente perchè la gran parte delle società tecnologiche non aveva mai prodotto un solo dollaro di utile, mentre le loro valutazioni erano fondate solo su stime di utili futuri che erano ben lontane dal realizzarsi. In effetti a distanza di qualche anno pochissime società sono sopravvissute ed hanno saputo generare utili e valore per gli azionisti: tutte le altre il valore lo hanno bruciato.
Buffett fu uno dei pochi ad uscire praticamente indenne dallo scoppio della bolla dei titoli tecnologici e il crollo dei prezzi che ne seguì fu per lui un’ottima occasione di fare affari comprando a saldo. Egli infatti cerca business solidi che producono reddito costante e misurabile (non previsioni di crescita) possibilmente ad un buon prezzo. Infatti ha sempre dichiarato che se per valutare una società necessità di qualcosa di più di una penna e di un foglio allora non gli interessa.
I criteri di scelta delle azioni
In effetti Graham prima di lui aveva elencato le caratteristiche che un’azienda deve possedere per essere appetibile ad un investitore intelligente:
- Dimensioni dell’azienda: più grande è un’azienda e maggiori garanzie offre;
- Situazione finanziaria solida: in particolare il totale dei debiti non deve superare il 50% delle attività;
- Costanza dei dividendi: la società deve aver pagato dividendi con continuità negli ultimi 20 anni;
- Crescita degli utili: l’utile medio degli ultimi tre anni deve essere superiore del 30% a quello di dieci anni prima;
- Prezzo non troppo alto: il prezzo non deve essere superiore a 15 volte gli utili medi degli ultimi tre esercizi (P/E=15) e ad una volta e mezza il valore contabile della società (P/BV=1,5);
Come puoi notare i primi parametri sono relativi alle caratteristiche economico-finanziarie che l’azienda deve possedere, mentre le ultime due riguardano il prezzo, che non deve essere troppo alto. Sul rapporto prezzo/utili in particolare ho scritto un articolo che ti consiglio di leggere.
Applicando alla lettera questi parametri al listino americano solo pochi titoli passano la selezione, se invece li applichiamo al mercato italiano forse non passa neanche una società. I criteri sono davvero stringenti, in particolare gli ultimi due, o per meglio dire, le società che rispettano i primi solitamente non rispettano gli ultimi due sul prezzo.
Società tanto solide e remunerative da passare il test di Graham hanno infatti generalmente prezzi molto alti, fino a rapporti P/E di 30 o 40 e P/B di 5 e oltre. In alcune occasioni tuttavia è possibile acquistarle a prezzi di saldo:
- Quando le società emettono dei profit warning;
- Quando gli utili trimestrali o annuali calano;
- Quando cambia il management;
- Quando i grossi azionisti vendono importanti pacchetti azionari;
- Quando i mercati crollano etc.;
Ovviamente devi prestare enorme attenzione ai casi che ho elencato perchè non sempre rappresentano delle occasioni di investimento. A volte invece denunciano problemi strutturali e non passeggeri delle società e vanno quindi valutati con attenzione.
In linea di massima però devi approfittare di temporanee difficoltà che tutte le aziende anche importanti prima o dopo affrontano per acquistare ottime società a buon prezzo. Oppure acquistare in piena crisi, quando i prezzi sono ai minimi storici e si trovano aziende sanissime a prezzi stracciati, come successe nei mesi successivi al fallimento della banca Lehman Brothers.
Il vantaggio competitivo
L’ultima (ma forse la più importante) caratteristica che un’azienda deve possedere per entrare nel mirino di Warren Buffett è il vantaggio competitivo. Ogni volta che analizza un titolo infatti, Buffett si chiede che cosa contraddistingue una società rispetto alle sue concorrenti, che cosa la rende speciale, unica, capace di superare decenni di concorrenza e di crisi.
Prendiamo ad esempio uno dei suoi più grandi investimenti di sempre, Coca Cola. Questa azienda con decenni di vita alle spalle, è riuscita a superare indenne le crisi più importanti dell’ultimo secolo mentre altri suoi competitors non ce l’hanno fatta, è riuscita a crescere fino a superare i confini americani e a diffondersi in tutto il mondo, generando contemporaneamente valore e per i suoi azionisti e diventando una delle aziende più importanti di tutto il tessuto produttivo americano.
Il segreto di questa azienda sta proprio nel vantaggio competitivo che è riuscita a creare intorno ai suoi prodotti mediante massicce campagne pubblicitarie che hanno impresso il marchio nella mente dei consumatori.
Investire con Warren Buffett
Se proprio non riesci a replicare il suo metodo di investimento, e non saresti il solo al mondo, puoi sempre investire con Warren Buffett! Egli infatti possiede una società che è un fondo di investimento a cui chiunque può aderire acquistandone le azioni: è la famosa Berkshire Hataway Inc.
Esistono due tipi di azioni quotate al Nyse, la classe A per investitori molto ricchi ed una versione “ridotta”, la classe B, per meno abbienti. Ecco i rispettivi link:
Buon investimento.
Per approfondire:
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